E adesso siamo tutti editor

C’è una strana moda nel mondo editoriale, ultimamente: quella degli editor… improvvisati.

O forse accade da sempre?

Fatto sta che questi nuovi soggetti sbocciano proprio come funghi, convinti che basti leggere qualche libro e conoscere la grammatica per poter sfondare.

Peccato che sbaglino… su tutti i fronti.

Oggi parleremo proprio di loro: i nuovi editor fai-da-te.


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Leggere, leggere, leggere

Editare è bello…

Peccato che la maggioranza degli editor fai-da-te non sappia neanche cosa significhi.

Il loro ragionamento è semplice, così semplice da mettere i brividi: “Leggo qualche libro all’anno, mi cimento a scrivere qualche storia e conosco a menadito la grammatica: bene, anche poi d’ora in poi sarò un editor“.

In questa convinzione ci sono tante lacune.

Per prima cosa: leggere qualche libro all’anno non va bene. Semmai, leggere molti libri all’anno, e magari di qualità e non robbette da spiaggia. E pure qualche manuale di scrittura creativa, che dite?

Non c’è un diploma che ti faccia diventare editor (come la laurea in Giurisprudenza ti apre le porte per essere futuro avvocato), anche se esistono numerosi corsi che avviano alla professione.

Molti editor professionisti ne hanno seguiti svariati, oppure si sono formati sul campo, aiutati da chi ne sapeva più di loro.

Quale che sia il loro percorso (che per un lavoro come l’editing è variegato), è oserei dire imprescindibile leggere.

Leggere insegna a scrivere, a sentire il testo oltre che a metterlo su carta, e aiuta molto il bagaglio culturale dell’editor, a cui attingerà più volte durante il lavoro.

“Fare” l’editor leggendo qualche libro all’anno è come pretendere di essere uno chef stellato e cucinare solo a Natale e a Pasqua.

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Scrivere, scrivere, scrivere

Altrettanto errata è la convinzione che basti scrivere qualcosina di tanto in tanto.

Certo, molti editor non hanno mai pubblicato un libro, però scrivono sempre: articoli di blog, sui giornali, guide e così via.

Il tutto usando criterio e non perché piace e perché così si trascorre qualche ora lieta.

Si sa che scrivere è il miglior allenamento per uno scrittore, ma anche per l’editor; in fondo, anche questi deve toccare con mano un testo, sia pur suo, per comprendere il meccanismo della scrittura in generale.

Un po’ come un meccanico: potrebbe fare lo stesso questo mestiere anche se non avesse la patente, ma se l’ha è molto meglio, no?

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Studiare, studiare, studiare

Scrivevo prima che tanti editor fai-da-te pensano basti conoscere la grammatica e il gioco è fatto.

Sì e no.

Sì perché correggere un testo senza nemmeno avere le basi della lingua italiana è da brividi — spero di non incontrare mai uno di questi soggetti.

No perché l’editing NON è solo grammatica.

Se così fosse, allora mi farei correggere un testo da un professore di italiano, che magari prenderebbe anche meno di un editor!

Se segui i miei articoli, ben saprai che ho sempre una reticenza a dare una definizione di editing, perché non si può definire qualcosa di così vasto e complesso.

Ed è proprio per questo motivo che non si può nemmeno ridurlo a una semplice correzione da penna rossa.

E la scorrevolezza di un periodo? E le ripetizioni? E tutti gli elementi che creano disturbo e appesantiscono la lettura?

E la trama? L’intreccio? I personaggi? L’ambientazione?

I dialoghi?

Potrei continuare all’infinito.

Ecco perché questi editor improvvisati non potranno mai esserlo veramente.

Finché non capiranno che l’editing non è un gioco ma una professione, e finché non si decideranno a impararla (leggendo, scrivendo e studiando!), rimarranno…

… una pallida imitazione di qualcosa di più grande di loro.

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