I consigli di scrittura di Umberto Eco

Navigando qua e là su internet alla ricerca di consigli di scrittura, mi sono imbattuta un po’ di tempo fa in quelli di Umberto Eco, che con il suo tono ironico e schietto riesce più di altri autori a farci capire come scrivere meglio.

Siccome non mi va che il mio articolo sia solo un copia e incolla di altri, cercherò di dare anche una breve spiegazione per ogni consiglio.

Essendo tanti (quaranta!) li suddividerò in più puntate.

Via alla prima, allora!

Consiglio numero 1: evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi

Secondo Treccani, l’allitterazione è la “ripetizione, spontanea o ricercata… di un suono o di una serie di suoni, acusticamente uguali o simili, all’inizio (più raram. all’interno) di due o più vocaboli successivi.”

Come evidenzia la definizione, l’allitterazione può essere ricercata, come in questo verso del Petrarca: ““Di me medesmo meco mi vergogno”, dove viene accentuato il suono della lettera emme. Di solito questa figura retorica viene usata nella poesia, ma è frequente trovarla anche nella prosa; tuttavia, a mio modesto avviso, l’eccessiva frequenza di allitterazioni in un testo narrativo possono dare fastidio alle orecchie (come nell’esempio citato da Eco nella sua regola).

Un esempio di allitterazione nella prosa: sereno è, sereno sarà, se non sarà sereno si rasserenerà.

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Consiglio numero due: non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario

No, Eco non si è bevuto un Tavernello a digiuno… ma il suo esempio ci fa capire come, se usiamo il congiuntivo a casaccio, una frase suoni davvero brutta.

Sul congiuntivo se ne è detto e se ne dirà ancora per molto, oggi ti basti ripassare questa semplice regola: il congiuntivo è il tempo dell’incertezza, della volontà e dei sentimenti.

Temo non torni a casa, voglio che tu vada a cercarlo, ho paura che si sia fatto male.

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Consiglio numero tre: evita le frasi fatte: è minestra riscaldata

Frasi fatte e cliché sono ormai entrati nel linguaggio di tutti i giorni e li usiamo senza rendercene conto (di certo l’avrò fatto anche io in questo articolo!).

Tuttavia, quando scriviamo un testo narrativo, dobbiamo stare attenti a non cadere troppo nel banale e, invece, cercare di usare la fantasia (senza esagerare, ovvio!).

Ecco un esempio usando le frasi fatte più in voga negli italiani secondo Liberiamo:

Nella splendida cornice di Genova ho incontrato finalmente l’anima gemella: oggi come oggi, scovare l’amore della nostra vita può essere difficile, ma, a mio modestissimo parere, è proprio vero il detto “Chi cerca trova”. Certo, bisogna tentare più volte e non lasciarsi abbattere: nella vita non si può mai sapere.

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Consiglio numero quattro: esprimiti siccome ti nutri

In altre parole: parla come mangi!

E si spera di mangiare bene, sennò caschiamo in strafalcioni come l’esempio di Eco, o peggio.

Conosci l’amore sviscerato? Nemmeno io, ma solo a pensarci mi vengono i brividi.

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Consiglio numero cinque: non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.

Ecco, queste aberrazioni sono… aberrazioni, soprattutto in un testo di narrativa.

Certo, a meno che non siano fondamentali.

Sennò evita di scrivere “esco con Mario & co.” oppure “ho mangiato una pizza con salame, pomodoro, mozzarella etc.”

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