Avverbi: la bestia grama di ogni scrittore

Gli avverbi tendono ad appesantire un periodo.

Magari non ci hai mai fatto caso, magari a te non danno fastidio.

Però fai molta attenzione nell’utilizzo degli avverbi.

Un po’ come accade con gli aggettivi, utilizzare gli avverbi spesso equivale a pigrizia e poca voglia di creare.

Certo, questo non vuol dire che tu non debba usarli. L’importante è non esagerare. Anche a costo di allungare il capoverso di qualche frase.

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza sull’utilizzo degli avverbi.

Pronti? Via! Che cosa sono gli avverbi?

La più comune e semplice definizione di avverbio la troviamo su Grammatica italiana:

L’avverbio è quella parte invariabile del discorso che determina, modifica e specifica il significato del verbo, dell’aggettivo o di un altro avverbio ai quali è riferito.
Esso può indicare la qualità di un’azione o le sue circostanze di luogo, di tempo, di misura o anche l’affermazione, la negazione o il dubbio nei riguardi dell’azione stessa.

Gli avverbi sono di vario tipo:

  1. Avverbi di tempo (ora, domani, poi, tardi, adesso…);
  2. Avverbi di modo (bene, male, peggio, meglio…);
  3. Avverbi di quantità (poco, molto, più, nulla…);
  4. Avverbi di modalità (forse, neppure, nemmeno, quasi…).

Gli avverbi si formano in tre modi:

  1. Avverbi primitivi (forse, bene, male, quasi, poi…);
  2. Avverbi composti (infatti, almeno, intanto…);
  3. Avverbi derivati (lentamente, attentamente, carponi…).

Ti rimando alla pagina su Grammatica italiana per maggiori informazioni.

Sono sicura che, però, avrai riconosciuto molti di questi avverbi. E come potrebbe essere il contrario? Li usiamo tutti.

Ma allora perché in numerosi libri e corsi di scrittura creativa si invoglia lo scrittore a evitarne l’utilizzo?

stephen king avverbi

Avverbi: dove e quando?

Innanzitutto mi preme sfumare un poco quanto scritto prima.

Gli avverbi maggiormente demonizzati sono quelli che terminano con il suffisso in -ente: maggiormente (appunto, l’ho usato prima!), chiaramente, velocemente, aspramente, dolcemente, e così via.

Questo accade perché spesso il loro utilizzo appesantisce una frase, lo ripeto per correttezza.

Turbato?

Cerchiamo di capire con un esempio:

Mario uscì di casa e osservò attentamente il marciapiede davanti a lui. Non c’era nessuno. Iniziò a camminare lentamente, guardandosi intorno. Il vento gli accarezzava dolcemente i capelli.

Il capoverso, seppur noioso, di per sé non presenta errori di forma. Non ci sono virgole sbagliate o verbi fantasiosi. Eppure, come ho scritto, il capoverso è noioso, non evoca nessuna immagine, non trasmette nulla. E be’, quei tre avverbi secondo me danno fastidio. Non trovi anche tu?

Dirai: basta toglierli o sostituirli e il gioco è fatto!

Proviamo:

Mario uscì di casa e osservò con attenzione il marciapiede davanti a lui. Non c’era nessuno. Iniziò a camminare con lentezza, guardandosi intorno. Il vento gli accarezzava con dolcezza i capelli.

Mmmh, temo che anche così non ci siamo.

E neppure rimuoverli in toto, anche se molti ti diranno di fare così, di per sé non risolve il problema:

Mario uscì di casa e osservò il marciapiede davanti a lui. Non c’era nessuno. Iniziò a camminare guardandosi intorno. Il vento gli accarezzava i capelli.

Certo, così il periodo fila molto meglio. Però, se vuoi dare qualcosa di più, se vuoi caratterizzare meglio la scena, se vuoi creare più pathos, ti consiglio di allungare di un poco il capoverso.

Facciamo una prova?

Mario uscì di casa. Voltò la testa a destra e a sinistra, i piedi ancorati al gradino non volevano saperne di muoversi. Il marciapiede era una solitaria lingua grigia che si allungava e spariva nella nebbia di quel mattino di novembre. Mario mosse prima un piede, poi l’altro, le suole che sfioravano l’asfalto come se avessero paura di toccarlo. I suoi occhi scrutavano alla ricerca di un qualsiasi movimento sospetto. Il vento gli accarezzava i capelli.

Sì, il capoverso è più lungo, e questo può far storcere il naso ai puristi che vogliono tratteggiare tutto con poche righe. Però cerca almeno di trasmettere qualcosa.

In effetti il problema è tutto lì: perché farsi imbrigliare utilizzando concetti stra abusati e ritriti quando possiamo far correre le ali della fantasia?

Prima di continuare, ti va di condividere questo post?

Quindi, questi avverbi li uso o no?

Ti potrei rispondere di no. Un bel no secco.

Però sono conscia che ogni scrittore ha le sue esigenze e il suo stile. E, soprattutto, ogni scrittore deve apprendere da solo i suoi errori e i suoi limiti.

Sbagliando si impara, giusto?

Quindi, prima di demonizzare avverbi “entosi” e dirti di sopprimerli senza se e senza ma, cerchiamo di capire se davvero appesantiscono la narrazione o no.

Prova con qualche trucchetto.

Ad esempio: cerca ogni avverbio con il tasto “Trova” di Word. È sufficiente scrivere “ente” senza spazi e il correttore ti troverà tutte le parole contenenti “ente”. Quindi anche gli avverbi.

Osserva con attenzione ogni frase: l’avverbio è utile o no?

In alcuni casi puoi tranquillamente eliminarlo, riscrivendo la frase o lasciandola com’è.

In altri casi puoi lasciarlo.

Ricorda che un avverbio va eliminato se la frase può essere riscritta senza dover ricorrere al fastidioso “ente”. Questo vuol dire che l’avverbio è superfluo.

Un po’ come il capoverso precedente che ho riformulato.

A volte non è neanche necessario riscrivere interi paragrafi: la frase è pulita senza avverbi e non necessita riscritture.

Ad esempio:

Mario sentì che il vento gli accarezzava dolcemente i capelli.

Maria sbatté rumorosamente la porta.

In entrambi i casi l’avverbio è superfluo e la frase non ha bisogno di essere riscritta. Questo perché il significato dell’avverbio lo abbiamo già nel verbo che lo precede: accarezzare e sbattere. Accarezzare dà già un’idea di qualcosa che è dolce, tenero, mentre sbattere dà il senso del rumore che la porta fa.

Quindi gli avverbi sono del tutto superflui.

Per concludere…

In conclusione, non mi sento di dirti di eliminare del tutto e in maniera indiscriminata ogni avverbio che incappa nella tua strada.

Valuta volta per volta, ma ricorda:

  1. Gli avverbi appesantiscono la narrazione. Quindi prima di inserirli pensa se puoi scrivere la frase diversamente;
  2. Talvolta gli avverbi sono del tutto inutili. Osserva con attenzione il verbo che utilizzi: se spiega già una certa azione, non specificare ulteriormente con l’avverbio, perché cadresti in una ripetizione.

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