Ormai il 2020 è agli sgoccioli (meno male) e iniziano tutte le classifiche e i propositi per l’anno nuovo.

Mi accodo lasciandoti 10 consigli grammaticali che spero ti siano utili per il prossimo anno 🙂

pexels-photo-5408689.jpeg
Photo by Olya Kobruseva on Pexels.com

Questione di virgole

Visto che sono soltanto consigli, lungi da me farti un pippone su come si usa (e non si usa) la virgola. Visto che le regole sono tante, e le norme ancor di più, mi limito a una breve frase.

Se un testo scorre senza virgole, ben venga.

In altre parole: usa le virgole soltanto laddove necessario (secondo la grammatica), non arrampicarti in frasi strapiene di virgole quando non servono.

Il testo deve scorrere e non fermarsi a ogni “pausa”.

Sinonimi, oddio!

Molti autori pensano che un testo zeppo di sinonimi sia indice di ottima padronanza del vocabolario. Gli stessi autori non sanno che l’esatta sinonimia non esiste.

Ossia, un sinonimo ha una leggera sfumatura di significato. Ad esempio, mescolare e rimestare non sono la stessa cosa. Grottesco e mostruoso pure. Istintivo, impulsivo, incontrollato anche… e così via.

Scegli il sinonimo (se serve, logico) adatto a quel contesto, e solo quello.

Ah, ed evita sinonimi troppo “arabeggianti”: creano soltanto ridondanza e, se rari o desueti o attinenti a un linguaggio specifico, potrebbero portare confusione.

Ah, le maiuscole!

Non abbondare con le maiuscole.

Usale per i nomi propri (persone, città, vie e piazze, prodotti commerciali e marchi), per i titoli (libri, giornali, film…), per i secoli, i periodi o gli avvenimenti storici (la Rivoluzione francese), per i popoli antichi (gli antichi Romani).

Non servono per i nomi comuni, per le cariche politiche o altre (anche se molti dizionari, tra cui lo Zanichelli, ne ammettono l’uso: il Presidente della Repubblica), per mesi e giorni della settimana, per qualifiche lavorative e altro (l’editore, il poeta).

La concordanza dei tempi

Per farla breve con qualche esempio.

Con l’indicativo:

  • Mario sa che oggi Luigi non lavora;
  • Mario sa che ieri Luigi non ha lavorato;
  • Mario sa che domani Luigi non lavorerà.
  • Mario sapeva (seppe) che il giorno prima Luigi non aveva lavorato;
  • Mario sapeva (seppe) che quel giorno Luigi non lavorava;
  • Mario sapeva (seppe) che l’indomani Luigi non avrebbe lavorato.

Con il congiuntivo:

  • Mario crede che oggi Luigi non lavori;
  • Mario crede che ieri Luigi non abbia lavorato;
  • Mario crede che domani Luigi non lavorerà.
  • Mario credeva che quel giorno Luigi non lavorasse;
  • Mario credeva che il giorno prima Luigi non avesse lavorato;
  • Mario credeva che il giorno dopo Luigi non avrebbe lavorato.

Registri e varianti

L’italiano può essere colto, standard, neo-standard, popolare, e così via.

Nello scritto si tende a usare una variante più standard o neo-standard (come questa che stai leggendo), ma ciò non toglie di usare anche varianti più colte o popolari.

Solo, mantienila.

Se usi uno stile più colto perché ti piace, devi seguirne le “norme” ed evitare ad esempio quelle tendenze linguistiche tipiche di un linguaggio più “basso” come la concordanza a senso (un mucchio di persone sono andate), il che polivalente (il giorno che ti ho visto), il “gli” al posto di “loro” (ho visto Luigi e Mario e gli ho detto…), dislocazioni e così via.

Idem se adotti una variante più bassa: gli errori (che poi così “errori” non sono) vanno bene, eccessivi formalismi (come l’ampio uso di subordinate, linguaggio ricercato) stonano.

Hai visto che look?

Non so a te, ma a me troppi anglicismi iniziano a infastidire. Sì, ormai tantissimi sono entrati nell’italiano e anche i dizionari li contemplano, però, dai… se una parola la si può dire in italiano, perché cercare il termine inglese?

Non scrivere look, scrivi aspetto. Non scrivere all inclusive ma tutto compreso. Non scrivere bond ma obbligazioni. Non scrivere gloss ma lucidalabbra.

Congiuntivi, ahi, ahi…

La farò breve anche qui.

Il congiuntivo è il tempo dell’incertezza, del desiderio, del timore, della volontà.

Credo che venga domani. Desidero che venga domani. Ho paura che domani non venga. Voglio che venga domani.

E si usa in numerose costruzioni come “è sufficiente che”, “basta che”, “prima che”, “sebbene”…

È sufficiente che venga domani. Basta che venga domani! Prima che tu parta, chiamami. Sebbene piovesse, non ci bagnammo.

Stop.

D eufoniche

Sebbene l’eufonia produca “effetto gradevole” (Zanichelli), oh, a me questa d eufonica proprio non piace!

Usatissima in passato, ormai è desueta e viene usata soltanto quando la vocale che segue è la stessa (ed egli rispose di essere disposto ad andare con Mario).

Addirittura è sconsigliata quando la “ad” o la “ed” si ripete, causando cacofonia, anche se le vocali sono le stesse: a addentrarsi, e editore.

Se ti piacciono nulla ti vieta di usarle, perché non c’è una regola, però non abusarne.

Ricchezza lessicale

C’entra poco con la grammatica, lo so, ma è ugualmente importante.

Un testo è bello se vario, e per vario non intendo strapieno di sinonimi (vedi sopra) ma con il termine giusto al punto giusto.

Evita “parole contenitori” che tutto dicono e niente dicono (una su tutte: cosa) ed evita anche aggettivi troppo generici (bello, forte).

Ogni periodo, ogni frase hanno i giusti termini. Con l’aiuto di un dizionario (quello delle collocazioni è utilissimo) troverai la parola che fa al caso tuo senza inerpicarti in costruzioni strane o sbagliate.

Ultimo consiglio: attiva il correttore ortografico e grammaticale!

Una buona dose di errori (come parole scritte male, qualche congiuntivo sbagliato, accenti, punteggiatura) la puoi togliere già usando il correttore grammaticale del tuo software di scrittura (ad esempio Word).

Attivalo sempre perché ti sarà di grande aiuto, anche se a volte fa degli strafalcioni, lo sappiamo; però il “grosso” ti aiuta a eliminarlo.

E poi, consiglio en passant, rileggi, rileggi e rileggi!